25 – Una domanda fondamentale nella scrittura comica: perchè ridiamo?

Domanda piuttosto scomoda, non trovi?!

Ogni parte del nostro corpo fisico o mentale ha una funzione ben precisa in cui scopo è quello di fare sopravvivere la nostra specie, facendo fronte alle principali minacce ambientali come le intemperie, la sanità pubblica e la comunità europea.

Ad esempio, hai due mani per tenere con una il cavatappi e con l’altra la bottiglia di birra.

Hai due gambe per rimanere in piedi mentre calci un pallone.

Hai due occhi per strizzarne 1 alle ragazze che incroci per strada senza sbattere contro il palo della luce.

Ma…perché ridiamo?!

Qual è il valore adattivo della risata o del raccontare barzellette?

Vediamolo assieme.

Il lato oscuro della scrittura comica

Su questa e altre domande come “Perché alcune battute ci piacciono e altre no?” si sono interrogati in molti, da Freud a Woody Allen.

In realtà la risata è stata oggetto di ricerche più negli ultimi dieci anni che negli ultimi secoli messi assieme: nonostante si riconosca alla comicità un valore, non è ancora chiaro quale sia la sua funzione.

Tutto questo discutere sulla scrittura comica apre due scenari, uno positivo e uno negativo.

Quella positivo è che se la scrittura comica ha tante sfaccettature, possono essere presenti numerose potenzialità, molte delle quali ancora inesplorate.

La seconda, quella negativa, è che se i comici ancora non sanno consapevolmente come riescono a produrre le loro battute, devono convivere necessariamente tutti i giorni con la paura di vedere esaurita la loro creatività e, da un giorno all’altro, non sapere più come replicare il successo passato.

Molti di loro devono inoltre convivere con la paura che, se un giorno o l’altro questa vena creativa dovesse finire, probabilmente sarebbero costretti a trovarsi un lavoro serio.

Come quello dell’ammaestratore di pulci.

Ci sono ben pochi artisti più insicuri dei comici.

Guardano con un certo sospetto tutti quelli che cercano di studiare le strutture della comicità per renderle replicabili se non altro perché a loro disposizione non hanno avuto altro che una lunga sequenza di prove ed errori.

A dire la verità, più errori che prove.

Ma se sono diventati quello che sono lo devono anche e soprattutto a questo.

Questo giusto per farti capire a cosa andrai incontro se deciderai di passare dalla scrittura comica all’interpretazione dei testi che scrivi.

Ma che ca..o ti ridi?!

Tutti quelli che scrivono comico al giorno d’oggi concordano su un punto: se fa ridere vuol dire che è divertente.

Ma se vuoi fare vivere devi per forza sapere perché ridiamo.

Patricia Kate-Spiegel, psicologa, individua due principali ragioni per le quali ridiamo:

  • sorpresa
  • superiorità

Non solo. La comicità ha ben 6 funzioni adattive ovvero:

  1. Istinto
  2. Incongruenza
  3. Ambivalenza
  4. Sollievo
  5. Soluzione (di un enigma)
  6. Regressione 

Tale teoria fornirà un punto di partenza per analizzare perché una cosa faccia ridere.

Poi le stesse teorie influiranno anche sul tuo stile di scrittura comica.

Tutto ciò però ha un prezzo.

Parafrasando la frase di E.B. White: “analizzare una battuta è come vivisezionare una rana. Entrambi durante il processo muoiono”.

Aggiungerei anche che è un lavoro che fa schifo e nessuno vorrebbe farlo.

A te invece tocca farlo.

Devo anche avvertirvi che dopo aver sentito ciò che sto per dirti potrebbe aumentare il tempo che dedichi a capire perché una battuta funziona anziché a ridere di quella stessa battuta.

Diventerai “emotivamente isolato” come un medico durante un’autopsia.

Il ruolo della “sorpresa” nella scrittura comica

Partiamo da un presupposto: di base la risata è una reazione che serve a coprire l’imbarazzo per avere fatto ho detto, più o meno consapevolmente, qualcosa di stupido, un po’ buffo oppure perché siamo stati ingannati.

In quest’ultimo caso, siamo naturalmente stati sorpresi.

Ecco perché la sorpresa è una delle formule universalmente riconosciute come comica.

Una battuta è una storia con un finale che ci sorprende.

Lo dimostra anche il fatto che l’apprezzamento di una qualsiasi battuta diminuisce con l’esposizione ripetuta o con la prevedibilità della stessa.

Anche il solletico non fa sempre ridere: dipende se uno se l’aspetta o meno.

Altro esempio a sostegno dell’importanza che riveste la sorpresa nella scrittura comica è rappresentata dai giochi di parole: quelli intelligenti strappano un sorriso a denti stretti, ma giochi di parole sorprendenti creano vere e proprie risate.

I modi più comuni per generare sorpresa sono:

  • la misdirection (che può essere tradotta in italiano con “depistaggio”)
  • l’incongruenza (che può essere tradotta in italiano con “incongruenza”)

Se la risata è l’elettricità che fa scorrere il sangue nelle vene dello scrittore comico, la sorpresa è la pompa.

Come spiega Abe Burrows, scrittore comico, il modo migliore per spiegare la sorpresa è la metafora del baseball.

Una battuta è come una palla curva: procede in linea retta poi, all’ultima, curva e frega il battitore.

Cioè tu lanci una palla dritta al pubblico che, giusto alla fine, cambia traiettoria.

La palla, ovviamente, non il pubblico.

Questo è quello che fa una buona battuta.

Il che però lascia aperto un interrogativo: Burrows era un giocatore di baseball o un comico?

Ma questo ci interessa relativamente o comunque meno di un altro concetto fondamentale: a volte per fare curvare la palla è necessario trascurare le regole della grammatica e a volte anche della logica.

Una parola chiave getta le basi della sorpresa: deve dare l’impressione al pubblico di avere capito come andrà a finire.

Un esempio:

“ho diverse discussioni con mia moglie: lei ne vince la metà. L’altra metà le vince mia suocera.”

Ci sono diversi modi per creare sorpresa.

Ciò che è certo, però, è che senza sorpresa non può esserci divertimento.

E la “superiorità” allora?!

Sembra ci sia una forte e costante tendenza a doverci sentire superiori.

In qualche caso la comicità risponde a questo bisogno di base, come sembra confermarci Bobby Slayton: “se non puoi prenderti gioco di te, fallo con gli altri.”

L’umorismo è la reazione a una tragedia. “La battuta è sempre a spese di qualcuno” afferma l’antropologo Alan Dundes.

Quando un bambino cade, ridiamo ed esclamiamo “che carino”.

Ma non c’è niente di carino, perlomeno per il bambino.

La scrittura comica spesso ridicolizza l’intelligenza, la posizione sociale o difformità fisiche o mentali di chi riteniamo in qualche modo inferiore a noi, anche se non è detto che lo sia veramente.

Anzi, il più delle volte non lo è.

Inoltre, nonostante i rischi che potremmo correre, non risparmiamo neanche chi ci è superiore.

Anzi, ci corre un brivido di piacere lungo la schiena quando vediamo la possibilità  di prendere in giro ogni carenza (reale o supposta) di chi occupa una posizione di autorità, è più ricco, famoso, intelligente, prestante fisicamente o ricercato.

Maggiore è il prestigio della “vittima” più forte sentiamo il desiderio di appianare le distanze.

“Il presidente Obama è stato insignito del Nobel per la pace. In parte per il suo idealismo e impegno a livello globale, in parte per aver chiamato idiota Kanye West“

—Conan O’Brien

La scrittura comica assume spesso la forma di satira sociale, il cui obiettivo è “sgonfiare”.

L’umorismo rassicura gli insicuri.

Anche se facciamo parte del gruppo di quelli che “hanno” (soldi, cultura, privilegi, fama, ecc…) non sappiamo come ce lo siamo guadagnato nè se saremo in grado di mantenerlo.

Da questo senso di insicurezza di fondo, deriva la voglia di percorrere i due principali modi per sentirsi superiori:

1) lavorare per ottenere ragguardevoli risultati nel proprio lavoro ed essere per questo acclamati pubblicamente

2) criticare pubblicamente il lavoro e i risultati ottenuti da altri, e quindi diminuire il prestigio altrui focalizzando l’attenzione su di noi.

Prova a indovinare quale sia quello più semplice…

Se ti stai interrogando su quanto questo sia corretto sul piano etico rifletti anche sul fatto che normalmente spendiamo più tempo ed energie a criticare il lavoro degli altri che a migliorare le nostre abilità.

La scintilla della nostra risata viene accesa dalle sventure di chi temiamo.

“L’umorismo è l’arma dei sottomessi” afferma lo psicologo Harvey Mindess. Che rincara la dose affermando “Siamo sempre alla ricerca di viali lungo i quali vomitare il nostro senso di inferiorità grazie alla scoperta di imperfezioni dei nostri superiori”.

Come individui (indipendentemente dal nostro status) rivolgiamo il nostro umorismo contro figure  autoritarie.

In un contesto di gruppo, l’umorismo è rivolto verso il basso nei confronti del gruppo che non si uniforma a livello di usanze sociali, nazionale, religiose o sessuali.

La spiegazione di Freud di questo fenomeno:

“una buona parte della scrittura comica ha lo scopo di mantenere lo status quo ridicolizzando qualsiasi comportamento deviante e per assicurare alla maggioranza che l’attuale stile di vita è quello appropriato. Viene usato come arma da parte dei – noi – nei confronti dei – loro -“.

“Se sei nero devi guardare all’America in modo un po’ differente: come guarderesti allo zio che ti ha dato i soldi per il college ma ti ha molestato”

—Chris Rock

Lo scrittore comico deve essere consapevole che il pubblico è più felice quando gli argomenti che esprime (e il modo in cui li esprime) lo fanno sentire superiore.

Il destinatario di una battuta sorride solo perché sa che tutti lo stanno guardando in attesa della sua approvazione.

In realtà se ne sarebbe rimasto volentieri a casa con la moglie.

Dove sarebbe stato comunque coperto di insulti, ma poteva rimanere comodamente in t-shirt bianca.

“Qualcuno di voi è spaventato dall’idea di ridere. Non siate spaventati: Dio vuole che voi ridiate. Dio ha il senso dello humor: se non ci credete domani andate al supermercato e guardate le persone”.

—Carlos Mencia

Le 6 funzioni adattive della risata

Chiarito il presupposto secondo il quale si ride per sorpresa o per mantenere la propria superiorità, analizziamo quali siano le 6 funzioni adattive della risata.

1. ISTINTO

“I cani ridono, solo che lo fanno con la coda. Quello che mette l’essere umano ad un livello evolutivo superiore è che ride dall’estremità corretta”.

La risata è un istinto innato: ridiamo fin da quando siamo in fasce.

Quindi tuo figlio neonato ride quando ti guarda per un istinto e non perché sei divertente o perché hai un aspetto ridicolo.

Anche se guardandoti meglio, però…

È un istinto comune a tutte le specie, che si è conservato nel corso dell’evoluzione: questo significa che ha un valore adattivo.

Si tratta di un riflesso del sistema nervoso che ha lo scopo di stimolare, rilasciare o ripristinare un senso di benessere negli uomini e negli animali.

Le scimmie ridono.

E puoi stare sicuro che anche il tuo cane ride, dopo avere polverizzato la tua ciabatta preferita.

Per gli esseri umani la risata è anche l’evoluzione di un’aggressione.

In seguito ad un’azione trionfale, le labbra si schiudono in una risata è prorompono in un urlo di vittoria. Provate a guardare un calciatore dopo che ha segnato un gol.

O la vostra compagna dopo che è riuscita ad accaparrarsi un vestito in un negozio durante i saldi.

È un modo “socialmente accettabile” di sublimare la nostra aggressività rivolta verso qualcuno o qualcosa.

Il vecchio adagio secondo il quale non bisognerebbe fidarsi di chi ride troppo sguaiatamente dovrebbe essere esteso anche a chi ride con la bocca spalancata.

Soprattutto se mentre lo fa imbraccia un mitragliatore…

2. INCONGRUENZA

“La risata è un orgasmo scatenato dall’amplesso fra senso e non-senso.”

Gli esseri umani sono unici ad avere sviluppato un innato senso di comicità che riconosce l’incongruenza.

Nei primi tre mesi di vita, due stimoli in grado di fare ridere sono qualsiasi faccia buffa o “booo” entrino nel campo visivo.

Quando iniziamo a sviluppare capacità cognitive avanzate scopriamo che guardando il mondo in cui siamo capitati non c’è niente da ridere.

Per questo sviluppiamo uno spiccato senso comico per azioni incongrue, come lavarsi i denti con la spazzola per i capelli, o concetti incongrui, come errori di definizione o cambi di significato, ai quali (guarda un po’ il caso) abbiamo dedicato un articolo apposito.

“La comicità deriva dall’accostamento non convenzionale di comportamenti o pensieri.”

–  Henri Bergson

Quando qualcuno si comporta in modo inappropriato rispetto a quanto richiesto dalla situazione determina uno scenario ridicolo.

Ad esempio vedere un gatto che suona il pianoforte, oppure un cane che sembra parlare, oppure il presidente del consiglio che parla inglese.

In sintesi nella scrittura comica potremmo parlare di “ridicrudele” per racchiudere l’idea della risata come tendenza ad esprimere la nostra superiorità nei confronti degli altri.

Un esempio su tutti? “Candid Camera”, un programma nel quale ridiamo del tentativo delle persone di mantenere una dignità in condizioni ridicole.

O ridicrudeli.

L’audience ride ancora più forte quando conosce tutti i dettagli dell’inganno in quanto si sente superiore per questo motivo.

Allen Funt, ideatore della Candid Camera, sostiene che l’episodio che riscosse più successo fu quello della cassetta postale parlante.

Il picco di raggiunto quando la vittima chiamò un amico per mostrargli il fenomeno e questa…smise di parlare.

L’inquadratura finale mostra lo sguardo perplesso dell’amico che mette in dubbio la salute mentale del compagno.

“L’incongruenza è la forma principale di comicità.”

—Max Beerbohm

3. AMBIVALENZA

L’ambivalenza ha una struttura simile all’incongruenza per la sua dipendenza con esperienze incompatibili.

Una risata nervosa copre l’imbarazzo dello scoprirci stupidamente legati a rigide convinzioni sotto l’attento riflettore della scrittura comica.

Mentre il conflitto è la lotta o il contrasto fra due concetti o percezioni, l’ambivalenza è la presenza contemporanea di emozioni in conflitto, come amore/odio nelle relazioni familiari.

Fare appello a queste sensazioni ambivalenti è il punto di forza di molti pezzi di scrittura comica, che spesso giocano, ad esempio, sul contrasto delle emozioni che i genitori rivolgono verso i figli.

Un capitolo a parte è invece l’autoironia, un modo per mettere il pubblico a proprio agio, così da averne il controllo.

La scrittura comica basta sull’ambivalenza serve a preservare la nostra dignità mascherando i nostri errori più stupidi o coprire il nostro senso di colpa.

4. RILASCIO

Ridiamo in modo un po’ imbarazzato quando rompiamo un bicchiere che ci è scivolato di mano o viene scoperto un nostro piccolo imbarazzante segreto.

Queste risate servono a rilasciare la tensione dovuta all’imbarazzo.

Ma ci sono anche situazioni nelle quali il rilascio non è conseguente a eventi fortuiti, ma viene ricercato per scaricare le tensioni e le inibizioni della vita di tutti i giorni.

Come ad esempio quando andiamo a vedere uno spettacolo comico.

“Non smetto di mangiare quando sono pieno. Il cibo non è finito quando sono pieno. Smetto quando odio me stesso.”

–  Louis C.K.

Questa esperienza di rilascio è amplificata dall’approvazione del gruppo.

La scrittura comica funziona meglio non solo se il pubblico si aspetta di ridere, ma è ansioso di partecipare ad un’esperienza sociale condivisa.

Affinché ci sia il rilascio della tensione comica, il pubblico deve essere complice del complotto fin da subito.

Se il comico e il pubblico non sanno cosa si nasconde dietro al velo c’è del mistero.

Se il pubblico lo sa ma qualcun altro no, c’è la tensione comica pronta al rilascio.

Un’altra teoria del rilascio prevede che ridiamo se, dopo una giornata nella quale siamo stati presi a schiaffoni da chiunque, riusciamo a trovare attorno a noi qualcuno che abbia avuto la stessa sorte o, meglio ancora, anche peggio.

La miseria vuole compagnia, ma solo se noi possiamo ridere degli altri senza che la risata ci possa tornare indietro.

Questo è sadismo.

E superiorità.

5. RISOLVERE ENIGMI

Ridiamo quando tutti i pezzi di informazione separati fra loro si ricongiungono, esclamando: “Ah, questo è il modo in cui funziona!”.

“Ho scoperto il sesso nel più difficile dei modi: sui libri”

—Emo Philips

Sorridiamo, o addirittura ridiamo, quando scopriamo di avere risolto un mistero, finito un cruciverba o portato a termine un compito particolarmente difficile.

I teorici (chi saranno poi questi che forniscono teorie e spiegazioni in ogni campo?!) chiamano questo tipo di umorismo “di configurazione”.

In questo tipo di umorismo ridiamo quando riusciamo a scoprire un piccolo (e inaspettato) pezzo di informazione che ci permette di risolvere un enigma.

Se riusciamo a risolverlo, ridiamo per congratularci con noi stessi per esserci riusciti.

Lo facciamo ad alta voce affinché il mondo sappia che noi ce l’abbiamo fatta.

6. REGRESSIONE

Secondo Freud la scrittura comica (o la comicità in generale) è terapeutica come il sonno.

Anche se ho conosciuto più persone di cattivo umore per avere il sonno che per avere perso l’umorismo (in realtà è la stessa cosa…).

Analizzando più in profondità, la comicità è un modo socialmente accettabile di esprimere bisogno o pulsioni irrisolte, come pulsioni sessuali infantili o la necessità di aggredire qualcuno.

Se da piccoli sognavate di aggredire qualcuno a scopo sessuale prendevate due piccioni con una fava.

Ma il padre della psicanalisi si spinge più in là affermando che la mancanza di comicità è sintomo di malattia mentale.

Lo psicologo Flugel teorizzava che la risata sia un modo per regredire allo stato infantile senza sentirsi folli.

Adottiamo un modo giocoso, giustificabile come rilassamento.

Non è un caso se la forma di scrittura comica più diffusa sia la striscia a fumetti, indipendentemente da nazionalità o cultura.

“Siamo giovani solo una volta ma, grazie all’umorismo, possiamo essere immaturi per sempre.”

—Art Gliner

Gli psicanalisti scoprono molte cose sui loro pazienti ascoltando le loro battute.

Anche tu puoi imparare molto su te stesso chiedendoti perché hai riso ad una battuta e non ad un’altra.

E quando ti rispondi è il momento di abbandonare la psicanalisi.

“Ogni uomo è un pazzo scatenato per 5 minuti ogni giorno. La saggezza consiste nel non trascendere i limiti.”

—Elbert Hubbard

La regressione all’età infantile mediante lo humor accade anche in altri ambiti.

Per ottenere l’approvazione del gruppo del quale vogliamo fare parte, assecondiamo la risata del leader del gruppo.

Se lui ride, lo facciamo anche noi.

Se lui non ride, difficilmente riusciremo a goderci fino in fondo la risata.

Se nessun altro a parte noi ride, dobbiamo smorzare la nostra risata in un mezzo “ha”.

Anche quando regrediamo allo stadio infantile, vogliamo conservare l’approvazione sociale.

Con quest’ultimo paragrafo si conclude la nostra dissertazione teorica sul perché ridiamo e sul valore adattivo di risata, comicità e scrittura comica.

Appena terminato di scrivere questo articolo, ci siamo accorti che contraddice la promessa di non scrivere pistolotti teorici fatta nella Home Page.

Ok, nessun problema, questa pagina si auto distruggerà fra 10 secondi…

Ci vediamo alla prossima, sempre qui davanti al ChiO.S.Co. il punto di incontro per Chi Osa Scrivere Comico.

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